07di52 – Il Castello, di Frank Kafka

Il libro incompiuto di Kafka, uno dei “libri illegibili” di quest’anno, una sfida per colmare una lacuna. Una metafora angosciante della burocrazia.

L’agrimensore K. arriva nella città dominata dal Castello, chiamato, convocato, per svolgere un lavoro che però nessuno ha richiesto. Il libro narra il continuo e insensato susseguirsi di scuse, intoppi, promesse non mantenute, complicazioni e scarica barile che portano K. all’esasperazione e alla depressione.
Il tempo scorre a balzi, certe volte un dialogo dura intere giornate (o intere nottate) altre volte una fitta serie di avvenimenti capita in pochi minuti. Riposarsi è impossibile, parlare con un funzionario è impresa da eroi, trovare un fascicolo può richiedere anni (e chi ci dice che poi il fascicolo sarà risolutivo?). Il “sistema Castello” non vuole integrare K., lo tratta come un inutile e a tratti invadente orpello, ma allo stesso tempo gli impedisce di allontanarsi dal Castello stesso, in un angoscioso gioco continuo di passi in avanti e marce indietro.
È l’angoscia, l’ansia il sentimento che si prova più spesso leggendo questo romanzo, un’ansia che la fine incompiuta non mitiga, anzi esaspera.
L’alienazione, la solitudine di K. sono diventate per me la figura della difficoltà di interagire con il mondo, di comprenderne le regole e il fine, di comunicare con lo Stato e con gli altri.
Un libro così ricco di spunti per interpretazioni diverse merita di essere letto più volte nel corso della vita, sono sicura che se troverò il tempo di rileggerlo tra 10 anni saranno altri gli aspetti che mi colpiranno e mi faranno soffrire.
Da vedere il film di Soderbergh Delitti e segreti, del 1991 e ispirato alla vita di Kafka.