Lettere d’amore di Dylan Thomas

Lettere d’amore di Dylan Thomas

Dylan Thomas, poeta, e, come ogni buon poeta del novecento che si rispetti, maledetto.
Arrogante, bugiardo, mellifluo e opportunista.
Le sue parole ammaliavano le donne e dalle donne otteneva tutto.
Le sue lettere d’amore sono uno spiraglio su una vita assurda e complicata, in cui solo il vino e la birra possono placare l’ansia e la tragedia incombente («… e le mie tre pinte serali – fra le nove e le dieci – sono un paradiso legittimo.»).
Leggendo ci si domanda sempre “sarà sincero?”. Ma è una domanda senza senso, perché è ovvio che il poeta è sincero, scrive ciò che ha nel cuore e quello che ha nel cuore muta costantemente.

«Non ti voglio per un giorno (anche se mi venderei le dita dei piedi, cara, per vederti adesso un solo minuto, per baciarti una volta, e farti una smorfia buffa). Un giorno è quanto dura la vita di un moscerino: ti voglio per tutta la vita di un animale grosso e selvaggio, come un elefante.».

«Mi chiedo se amo la tua parola, la parola dei tuoi capelli, la parola della tua voce, la parola del tuo corpo e la parola della tua presenza.».

«Scrivimi presto, molto molto presto, e dimmi che davvero pensi le cose che mi hai detto, che anche tu mi ami; se non lo fai mi taglierò la gola o andrò al cinema.».

Alla fine rimane solo la constatazione che le sue parole sono sincere in ogni istante, ma solo in quell’istante e forse era questo ad ammaliare le sue donne, così come ammaliano ancora adesso noi.