Stefano Bollani

Stefano Bollani all’Auditorium

Non so come la pensate voi, ma per me entrare all’Auditorium di Roma (quello nuovo, quello di Renzo Piano) è sempre un’esperienza quasi religiosa.
Mentre attraverso il cortile ammattonato, di solito bagnato dalla pioggia d’inverno, che rende le piastrelle di cotto così rosse, di solito di corsa, perché sempre in ritardo, già so, già sento che per le ore successive sarò felice.
Nella sala Santa Cecilia dell’Auditorium la musica ti avvolge e ti arriva da ogni parte.
C’è chi ha criticato la struttura, l’acustica, insomma, a qualcuno l’Auditorium non piace, a me, invece, sì.

La sala è già piena, trovo i posti e mi siedo. Lo poltrone sono piccole, questo è vero, io c’entro appena e il mio amico non c’entra proprio (insomma, qualcuno avrà sbagliato i calcoli oppure nell’economia dell’insieme quelle tre file di posti in più erano necessarie… ma questo è l’unico motivo di rimprovero).

Al centro del palco un pianoforte, uno Steinway da concerto, io mi emoziono anche solo a vederlo un pianoforte così.

Poi arriva lui, Stefano Bollani.
Un genio, perché altro non si può dire di lui.
Ha suonato senza interruzioni, accompagnato dalla voce, dai battiti delle mani sul piano, pizzicando le corde direttamente dentro alla cassa, dicendo sciocchezze astruse.

E, alla fine, lo stupore.
Chi lo conosceva già forse c’era abituato, ho visto chiari i segni del “rito” nella platea, nella gioia fanciullesca di urlare nomi di canzoni improbabili.
Stefano Bollani sfida il suo pubblico, non un bis tradizionale, ma un medley improvvisato di 15 canzoni, scelte dal pubblico, il quale, sfidato, risponde.
Da Tiziano Ferro a Heidi, il pubblico non si è lasciato sfuggire niente.
E Stefano Bollani neanche, regalandomi, a me che non conoscevo lo strano gioco, uno dei quarti d’ora più divertenti della mia vita musicale!

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