38di52 – I miei piccoli dispiaceri, di Miriam Toews

Dopo La più amata di Teresa Ciabatti, non potevo scegliere libro più diverso. Eppure anche I miei piccoli dispiaceri (IMPD) di Miriam Toews è un libro in gran parte autobiografico, scritto, come La più amata, per dare voce a un dolore enorme (la morte dell’amata sorella della protagonista, seguita a quella del padre).
Ma due libri tanto diversi non li avevo mai letti uno di seguito all’altro.
IMPD è un libro che ti avvolge nella sua tristezza, ti porta a soffrire con Yolandi e a ridere con lei. Perché Yolandi ha scelto l’ironia per sopravvivere alla grande depressione che avvolge la sua famiglia. Lei e la madre affrontano infatti con energia e umorismo (che capacità incredibile!) prima il suicidio del padre e poi quello della sorella.
Yolandi per tutto il libro combatte tra la volontà di aiutare sua sorella a morire (perché sua sorella VUOLE morire, lucidamente e razionalmente ritiene che la sua vita debba essere conclusa, che continuare non abbia nessun senso e le procuri solo dolore) e la volontà di ritrascinarla nella vita, tirando fuori dalla memoria tutto quanto di bello c’è conservato della loro vita da bambine, mostrandole il futuro luminoso, il presente pieno di amore.
Cosa fare? Quando la persona che ami di più al mondo ti chiede di lasciarla andare via per sempre come puoi rispondere? Io non so cosa avrei fatto e sono felice che, alla fine, Elfrieda riesca a togliersi la vita da sola, senza coinvolgere Yolandi, senza metterla di fronte alla morte della sua amata sorella. Elfrieda riesce a morire come è morte suo padre, in un modo tragico, ma quasi necessario.
Il coinvolgimento emotivo è fortissimo. Il distacco minimo. Forse questo può essere un difetto per un romanzo, perché ci spinge a sottovalutare gli aspetti estetici della scrittura, della forma. Eppure in questo caso Miriam Toews non casca nel facile tranello di trascurare questi aspetti per trascinarci nel vortice del coinvolgimento puramente emotivo. Perché invece il suo stile rimane preciso, ricco di humor (talvolta nero), senza retorica.
Così riesce a trasformare l’esperienza privata del suicidio della sorella in un evento coinvolgente per tutti in cui tutti i lettori si riconoscono almeno in qualche parte, perché il dolore è universale.