le donne, i loro uomini e la violenza

domenica 25/11 è stata la giornata contro la violenza sulle donne.
con delle amiche sono andata a un reading, organizzato da tuba, al pigneto.
avrei voluto leggere un pezzo di oriana fallaci, ma poi non me la sono sentita di andare al microfono. anche serena aveva un libro con lei. anche lei, alla fine, non ha letto. però poi il suo libro me l’ha prestato e io l’ho letto. e l’ho finito subito.
e mi impegno a scriverne, prima che sia tardi.
il libro di concita de gregorio non parla di numeri. non è neanche un libro sull’attualità della violenza sulle donne.
ma tocca il cuore.
e, a me, madre di figlio maschio, impone una riflessione profonda sull’educazione che voglio dargli.
perché dipende da me se lui saprà rispettare le donne che verranno nella sua vita.
i modelli che gli sottoporrò ora, oggi, nella famiglia che ogni giorno costruisco, faranno di lui un uomo.
tutto qui.
vi lascio con un appello, dalla voce di concita, proprio quello che avrebbe letto serena, se non avesse avuto, come me, paura del microfono:
L’accorato appello, a sostegno delle giovani donne che prima o poi accoglieranno nelle loro vite quei trentenni, è rivolto alle madri. Si potrebbe cominciare dal non essere particolarmente fiere di aver partorito (ormai molto tempo fa, tra l’altro) un figlio maschio. Non comunicare con le parole nè coi gesti che per la madre si tratta di un privilegio: addirittura non pensarlo. Considerare il fatto che si rifacciano il letto e raccolgano da terra i calzini non un gesto di generosità ma una semplice decenza. Che tirino l’acqua del wc dopo essere stati in bagno un obbligo; mostrare raccapriccio, fin da quando sono bambini per l’abitudine contraria a meno di non vivere in luoghi desertici e non raggiunti da un acquedotto. Non denigrare la fidanzata di turno perchè inaffidabile, poco gentile, non premurosa. Per nessun’altra ragione, comunque, mano che mai prendere informazioni sulle sue doti muliebri e mostrarsi interdette se la ragazza ha intenzione di stare via sei mesi per uno stage a Boston. Se va a stare da solo, ma tanto capita di rado, oltretutto gli affitti sono carissimi e il lavoro manca, se comunque va a vivere da solo non offrirsi di lavare e stirare la sua biancheria portata a sacchi due volte a settimana, meno che mai andarla a raccogliere a domicilio. Non svegliarlo la mattina al cellulare perchè non sente la sveglia, ha il sonno pesante. Non andargli a portare le chiavi di casa che ha dimenticato se lo fa di norma: una volta, due forse, poi basta. Non andarlo a prendere perché non gli va di venire in autobus, a meno che non se ne senta l’intima necessità dopo un’assenza di mesi. Non nascondere al marito le malefatte del figlio, non fare la parte di quella che tutto comprende e risolve, quella che “non lo diciamo a papà”, ma nemmeno lasciare che il marito – il compagno, o il fidanzato, o chiunque sia – sia quello che gioca alla playstation e vede la partita in tv col figlio maschio che così si divertono e sono proprio simpatici quei due mentre la madre, quella rompiballe, sta di là in cucina sempre a lamentarsi e la sorella rifà i letti e scrive un diario perché non può uscire la sera.
Ecco, ripartirei da qui. Poi magari tra una trentina d’anni vediamo anche di fare una legge contro i maltrattamenti domestici, contro la violenza dentro casa, uomini che schiavizzano e segregano e picchiano le donne. Semmai però, se proprio serve, perchè tanto sarebbe di certo inutile, a quel punto.